Nel mese di dicembre è arrivata la notizia dell’accordo di massima tra il Regno Unito e l’Unione europea sulla «Brexit». Andiamo ad analizzare le principali novità e se cambierà qualcosa per il trasporto.
“I negoziatori hanno raggiunto un’equa e giusta visione comune”. Si apre così la comunicazione della Commissione europea che annuncia l’accordo di massima sull’uscita del Regno Unito dalle istituzioni comunitarie. Durante il mese di dicembre 2017, infatti, i ventisette capi di stato europei hanno deciso che le parti coinvolte possono iniziare a discutere delle partnership future e di come finalizzare l’accordo che vedrà l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Aver raggiunto questo accordo è molto importante, poiché apre ad una nuova fase che si concluderà appena il prossimo 29 marzo 2019, quando avrà ufficialmente inizio la fase di transizione.
Dove ci eravamo lasciati?
Nel corso della primavera del 2017 ci siamo occupati delle ripercussioni che la Brexit, ovvero dell’uscita della Gran Bretagna dalle istituzioni europee, avrebbe potuto avere sul settore del trasporto merci su strada. All’epoca le negoziazioni tra le due parti non erano ancora iniziate, motivo per il quale la maggior parte delle opinioni degli addetti ai lavori si basavano più su supposizioni che su dati effettivi.
Nicolò Berghinz di ALIS – Associazione Logistica dell’Intermodalità sostenibile nello scorso mese di giugno prefigurò questo scenario: “Le scelte politiche dei prossimi mesi andranno a cristallizzare le decisioni e porteranno una serie di informazioni che, per ora, non possiamo avere. Sicuramente i dubbi e i timori si concentrano sull’aspetto economico e dei costi per le imprese, tuttavia anche in questo caso non abbiamo nessun riscontro che ci possa permettere di valutare la situazione”.
Andiamo a scoprire insieme se la situazione è cambiata e se ci sono effettivamente stati dei cambiamenti per il settore e le aziende coinvolte nel trasporto e nella logistica.
Frontiere e questioni economiche
Quando il 23 giugno 2016 il Regno Unito ha deciso di lasciare il mercato unico, in molti credevano che le ripercussioni per l’economia internazionale sarebbero state molto pesanti. Per mesi il timore è stato quello della “Hard Brexit”, ovvero un’uscita completa di Londra dai programmi dell’Unione Europea e dal mercato unico. In questo modo il Regno Unito si sarebbe privato della possibilità di partecipare all’area di scambio dove è prevista la libera circolazione delle persone e delle merci.
Nonostante i timori iniziali, Londra ha garantito che si impegnerà a proteggere e a sostenere la cooperazione con l’Unione europea per evitare la creazione di una frontiera dura con gli altri Stati membri. Questo discorso è particolarmente importante quando analizziamo la situazione della Repubblica d’Irlanda: il Regno Unito ha assicurato che manterrà gli accordi del Venerdì Santo e che farà funzionare l’area comune di mobilità che già esiste senza ostacolare il libero movimento dei cittadini.
Un capitolo che tuttavia rimane aperto è quello delle merci. Quelle che sono sul mercato sotto la legge dell’Unione europea prima del ritiro potranno continuare a circolare liberamente su entrambi i mercati, senza che si renda necessario modificare i prodotti o le etichette, restando sotto la supervisione dell’Unione europea. Per quanto riguarda invece i contratti e gli obblighi, c’è consenso sul fatto che le regole dell’Unione europea prevarranno nel caso di conflitto che riguarda i contratti precedenti alla Brexit. Cosa accadrà durante la fase di transizione è tuttavia ancora in dubbio: la Commissione europea ha dichiarato che andrà svolto un lavoro “sostanziale” sulle importazioni e sulla competenza per il rispetto delle regole comunitarie, con Londra che lo richiede per sé.
L’impatto della Brexit sull’economia europea
Nel corso della nostra prima analisi della Brexit Ramón Valdivia, Direttore Generale di ASTIC – l’Associazione del Trasporto Internazionale delle merci su strada in Spagna – confermò i timori ed i malumori degli addetti ai lavori per questa decisione: “L’uscita di un paese membro del calibro del Regno Unito non è una buona notizia per nessuno. Le merci spagnole esportate verso il Regno Unito rappresentano un business da circa 20 miliardi di euro l’anno e la possibilità che questo possa calare a causa delle fluttuazioni del valore della Sterlina in rapporto all’Euro ci dovrebbe far riflettere”.
Ritornando su questo tema a qualche mese di distanza, abbiamo ora a disposizione statistiche e previsioni più concrete, che si basano su alcuni modelli che gli esperti valutano quotidianamente a livello europeo. Le ricerche indicano che a soffrire di più saranno quei paesi che sono più vicini geograficamente al Regno Unito, ovvero l’Irlanda, la Germania, il Belgio, l’Olanda e la parte settentrionale della Francia, ma che le possibili ripercussioni saranno comunque distribuite a livello continentale. La Brexit avrà quindi effetti ben diversi a seconda delle regioni europee, con alcune comunità locali che dovranno confrontarsi con una situazione economica totalmente nuova.
Tra i settori che maggiormente potrebbero essere colpiti troviamo sicuramente il commercio, il turismo, l’agricoltura e la pesca, ma anche le politiche generali di coesione, gli investimenti e le questioni legate alla cittadinanza. L’Italia ogni anno vende in Gran Bretagna beni e servizi per un totale di oltre 24 miliardi di euro, che rappresentano il 5% dell’export nazionale. Gli esperti prevedono che l’esposizione del Pil regionale e dei flussi commerciali di alcune singole regioni (come l’Irlanda) possa superare addirittura il 10%. Queste previsioni escludono l’economia italiana, che non dovrebbe subire ripercussioni importanti nonostante il Regno Unito rimanga un importante partner commerciale per il Bel Paese.
One comment
Pingback: Brexit: ecco un nuovo aggiornamento a inizio 2018 - Il Blog del Camionista